Lentezza giapponese James Bradburne, Direttore Pinacoteca di Brera, Milano Sulle montagne del Giappone, non lontano da Hakone, in fondo a una profonda valle con un ruscello che scorre su un letto di ghiaia, c’è un ryokan e onsen (albergo e vasche termali tradizionali, Ndr) di 400 anni, di cui ho dimenticato il nome. Il suono piatto e vuoto della campana del tempio risuona nella valle, riportando alla memoria il racconto di Kyoka Izumi, dove il campanaro è condannato a suonare la campana ogni giorno per evitare che i demoni scatenino un’inondazione epocale sulla città. Si cammina lentamente, vestiti con yukata e haori, inciampando di tanto in tanto in sandali simili a zoccoli e indossando calzini tabi con la punta spaccata. Per una persona abitualmente frettolosa e molesta come me, la lentezza è insolita e gradita. Il menu è composto principalmente da fagiano locale, preparato in una miriade di modi. Il fatto di condividere questo momento fuori dal tempo con vari altri turisti (russi, cinesi, nippo-americani, italiani, persino giapponesi) è reso curiosamente possibile dalla cultura giapponese della discrezione. I momenti privati sono innumerevoli; ci si sente quasi sorpresi di incontrare qualcuno lungo il percorso che porta al bagno all’aperto, perché anche loro sono qui per il tempo e la privacy. Oslo ipercontemporanea Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Collezionista Per un viaggio immersivo nella bellezza, nella natura e nella cultura consiglio Oslo. Incorniciata dall’incantevole paesaggio dei fiordi norvegesi, è una città ricca di sfaccettature da esplorare e da osservare, oltre che una costellazione di proposte culturali di valore. Ho avuto la fortuna di visitare in anteprima il nuovo Museo Nazionale della Norvegia, aperto al pubblico dallo scorso 11 giugno. Si tratta di uno spazio di 54.600 metri quadrati che custodisce più di 400mila opere, dall’«Urlo» di Munch ai lavori delle ultime generazioni artistiche. In pieno centro, il Museo Astrup Fearnley è una perla imprescindibile per gli amanti dell’arte contemporanea: un edificio progettato da Renzo Piano e incastonato in una splendida area verde. In città, molte sono le gallerie attente all’arte contemporanea; tra queste, Standard offre sempre occasioni interessanti per scoprire artisti norvegesi e di tutto il mondo. A solo un’ora da Oslo, concedetevi una visita al Museo Kistefos (architettura BIG Bjarke Ingels Group), museo privato istituito dal collezionista Christen Sveaas e polo culturale straordinario, immerso nella natura. In questi luoghi magici, potrete lasciarvi ispirare dalle opere di Pierre Huyge e Paulina Olowska, attualmente in mostra, e prendervi un momento per osservare le incredibili sculture site specific che dialogano con l’ecosistema del parco d’arte circostante. Una veduta de Magazzino Italian Art a Cold Spring New York e Cold Spring Francesco Pantaleone, gallerista Forse il luogo che più di tutti alimenta la mia fantasia perenne, perché per me è energia pura, è New York. Meta stravisitata e patinata, certo, ma che riserva sempre piccole inedite scoperte, luoghi e situazioni che ne rivelano la vitalità inesausta e l’imminente sensazione che qualcosa stia per accadere. A un’ora di treno partendo dalla Grand Station, attraversando un paesaggio che via via abbandona la metropoli per diventare prima periferia borghese, poi meravigliosa campagna, si arriva a Cold Spring, un paesino che ospita Magazzino Italian Art, un museo privato nato dalla generosa e geniale passione per l’arte di Giorgio Spanu e Nancy Olnick, collezionisti raffinati e mecenati premurosi. Un’architettura contemporanea lineare e rispettosa del contesto, armonizzata nel dialogo con natura e acqua, all’interno ospita parte della loro collezione con opere irripetibili legate ai maestri dell’Arte povera e insieme con ampi spazi dedicati ad artisti giovani, spesso italiani. Visitare Magazzino è un’esperienza di grande piacere, è un viaggio nel tempo attraverso la sensibilità di una collezione che rispecchia molto i collezionisti ma al contempo permette un’immersione totale nella storia del contemporaneo, nella complessità concettuale dell’arte e nella bellezza semplice e disarmante di alcune soluzioni formali che solo i grandi maestri sanno regalare: Michelangelo Pistoletto, Luciano Fabro, Mario e Marisa Merz, Gilberto Zorio, son solo alcuni dei nomi in collezione. Kiefer senza tempo Monica Bonvicini, artista Quest’anno niente vacanza per me, in estate si lavora. Ma ho la fortuna di viaggiare molto per lavoro. Tra breve passerò un paio di giorni nel Sud della Francia, dove l’Eschaton-Anselm Kiefer Foundation mi ha invitato a intervenire sul territorio, con un’opera che conclude una serie di installazioni e interventi di artiste come Laurie Anderson o Valie Export e inaugura la fondazione che da quest’anno è aperta al pubblico. Il posto è davvero unico, un sito di 40 ettari creato da Anselm Kiefer nel corso di diversi decenni: un ambiente artistico immersivo e coinvolgente, che accoglie numerose installazioni di arte contemporanea, spesso di scala monumentale, tutte collegate tra loro da un’intricata rete di sentieri, tunnel e cripte sotterranee. Il mio lavoro «The Waiting» è una scultura in acciaio specificatamente prodotta per il territorio e tratta di paure, aspettative, curiosità ed esitazioni, rimanendo un lavoro comunque molto performativo, proprio nel senso letterario della parola. La Ribaute si trova nei pressi del paesino di Barjac, nel Sud della Francia. Ci sono tanti luoghi che vengono descritti «senza tempo»: la Ribaute è invece un sito in grado di creare un tempo alternativo, in uno spazio le cui fondamenta sono ancora dense di fantasie ed evoluzioni. Se vi andrete, fate un salto ad Arles, dove un’altra visionaria come Maja Hoffmann ha aperto la LUMA Foundation: da vedere chiaramente la torre di Frank Gehry, le molte mostre, in modo particolare quelle di Arthur Jafa, Rachel Rose, Cyprien Gaillard e Philippe Parreno. Monica Bonvicini, artista Una veduta dell Fondation CAB, art hotel a Saint-Paul-de-Vence Dormire da Prouvé in Costa Azzurra Tommaso Calabro, gallerista Per coloro che vogliono dedicarsi all’arte anche durante le vacanze, senza rinunciare al sole dell’estate, la Costa Azzurra è un luogo perfetto. La mia road trip ideale inizia a Vence, con una breve sosta alla Chapelle du Saint-Marie du Rosaire per ammirare le vetrate di Matisse. Proseguo poi per Saint-Paul de Vence dove la Fondation Maeght, con i suoi Giacometti, Chagall e Braque e il giardino animato dal canto degli uccelli e dalle sculture di Miró, è una gioia per lo spirito. Amo soggiornare lì per almeno una notte: a La Colombe d’Or (dove però almeno un pranzo è d’obbligo, per sentirmi un po’ Picasso e un po’ Calder), preferisco la neonata Fondation CAB, il cui art hotel offre la possibilità unica di dormire circondati da mobili di Pierre Jeanneret, Le Corbusier, Alvar Aalto, se non nella casa smontabile di Jean Prouvé, vera chicca del posto. Concludo la mia vacanza ad Arles, città dove Van Gogh dipinse i suoi celebri «Girasoli». Amo visitare la Fondazione a lui dedicata, soprattutto le mostre temporanee, e fare un salto al LUMA Arles per godermi i mille riflessi della sua architettura firmata Frank Gehry. In Texas per musei Sarah Cosulich, Direttrice Pinacoteca Agnelli, Torino Il Texas merita un viaggio, di sicuro memorabile. A Houston la Menil Collection è una delle collezioni più significative di arte del XX secolo. L’edificio è il primo museo costruito da Renzo Piano negli Stati Uniti e si trova a pochi passi dalla Rothko Chapel. Esperienze d’eccezione si fanno anche al Dallas Art Museum con il suo parco di sculture o visitando le collezioni private che la città di Dallas offre. Una grande sorpresa è la città di Forth Worth, con il bellissimo Kimbell Art Museum disegnato da Louis Kahn. Di fianco si trova, da un lato, il Modern Art Museum of Forth Worth disegnato da Tadao Ando nel 2002, incredibile architettura che galleggia nell’acqua. Dall’altro, si trova invece un gioiello di Philip Johnson: l’Amon Carter Museum of American Art. L’ideale è mettersi in auto e proseguire fino a Marfa: uno dei siti più eccezionali che un amante dell’arte possa incontrare nella sua vita. La Chinati Foundation è un grande parco all’aperto in cui interi padiglioni, originalmente siti militari, sono stati trasformati dal fondatore, l’artista Donald Judd, a partire dagli anni ’80 in installazioni permanenti, insieme a progetti di altri importanti artisti contemporanei. Una veduta dall’alto di Neive nelle Langhe Una boccata di Langhe Clarice Pecori Giraldi, Art advisor Spesso vado in giro a cercare meraviglie in luoghi distanti mentre mi basterebbe modificare lo sguardo per essere sorpresa senza andare lontana. Quest’anno lo dedico alla scoperta di realtà vicine a casa, quasi a km 0. Qualche mese fa mio figlio mi ha regalato un weekend nelle Langhe, dove non ero mai stata. Che sorpresa poter ammirare lo spettacolo delle vigne interrotte solo da qualche sparuto albero di nocciolo, con i borghi minimi ma con palazzi e chiese dalle maestose facciate. Si respira il passaggio della storia, con tracce che risalgono al neolitico. La curiosità di quest’anno sarà a Neive dove l’artista slovacca Natalia Trejbalova creerà un intervento all’interno del progetto «Boccata d’Arte». Il concetto di Boccata d’Arte è creare delle occasioni di crescita, di scambio tra gli abitanti di questi piccoli enclave e giovani creativi che rappresentano l’attualità soggettiva. La mia prima meta saranno le Langhe, ma già prevedo di scoprire Cigognola, Spinazzola, Panicale, Grottole e gli altri borghi a km 0 che sono stati selezionati per ospitare i giovani artisti di Boccata d’Arte. Nel liceo di Rouen Nicola Ricciardi, Direttore miart Vi suggerisco il viaggio che io e mia moglie faremo insieme a nostro figlio di (quasi) 6 anni: il suo primo, inconsapevole interrail. Abbiamo prenotato un volo di sola andata per Amsterdam e uno di ritorno da Parigi, con l’obiettivo di girare in treno tra Olanda, Fiandre e Normandia lasciandoci sedurre da luoghi che non abbiamo ancora mai esplorato ma che a loro modo ci chiamano. Una delle tappe sarà Rouen. Ad attirarci è stata una singolare circostanza. Facendo ricerca per una mostra ho infatti per caso scoperto che tra le vie che hanno visto Flaubert muovere i primi passi (e Madame Bovary incontrarsi con il giovane amante Léon), poco distante da quella cattedrale che Monet ha dipinto più di trenta volte, è nascosta una scuola, il Lycée Pierre-Corneille. Qui, in epoche diverse ma sotto lo stesso tetto, hanno studiato Camille Corot, Eugène Delacroix e Marcel Duchamp (oltre a Guy de Maupassant e allo stesso Flaubert). Come si fa a non voler sbirciare in quelle aule? Il Bundanon Art Museum Sul ponte del Bundanon Elisa Sighicelli, artista A duecento chilometri a sud di Sydney, si trova il Bundanon Art Museum, un museo d’arte contemporanea unico al mondo, situato in una riserva naturale di mille ettari, regalata al popolo australiano dell’artista Arthur Boyd. È straordinario per la bellezza naturale del luogo e per l’integrazione dell’architettura (progetto Kerstin Thompson Architect) nella foresta circostante. Gli edifici sono progettati per resistere a condizioni climatiche estreme: il museo è infatti costruito dentro la collina e sull’esterno presenta solo una facciata di vetro resistente al fuoco. Adiacente si trova un’altra costruzione meravigliosa, il Bridge for Creative Learning, un ponte sovrastante una valle inondata periodicamente. All’interno della struttura del ponte si trovano il ristorante, gli spazi per i workshop e le stanze per ospitare artisti e scrittori in residenza, e i visitatori. Mi ha molto colpito che il progetto architettonico, oltre a essere esteticamente stupendo, abbia anche un’impronta ambientale minima: utilizza energia solare, raccoglie la propria acqua e grazie a un sovratetto e a delle barre di raffreddamento sotterranee è fresco anche senza aria condizionata. Il museo è inoltre impegnato nella rigenerazione forestale avendo piantato due nuove foreste, e lavora in stretto contatto con le comunità indigene per le mostre e la cura ambientale. Ragusa e Galles Marinella Senatore, artista Il primo luogo che mi sento di suggerire è Ragusa Ibla. Mi piace tutta la Sicilia, ma questa è la parte che preferisco, la parte dove le mafie non si sono radicate. È uno dei posti che amo di più al mondo: il suo paesaggio architettonico è come una quinta teatrale, sembra lo sfondo di una scena... Un altro posto bellissimo per me è il Nord del Galles, perché la natura è più forte dell’uomo: una natura anche dura (non è un paesaggio semplice) ma è fortissima. Poi certo mi piacciono anche la lingua, le persone, ma soprattutto il paesaggio. Ecco, vorrei suggerire due paesaggi: uno architettonico e uno naturale. La Chiesa di Santa Maria in Telusiano in Monte San Giusto con «La Crocifissione» di Lorenzo Lotto Il capolavoro del Lotto Carlo Repetto, gallerista Se vi capitasse di essere al mare nelle Marche, 185 chilometri di costa da Pesaro a San Benedetto del Tronto, all’altezza di Civitanova fate una deviazione di circa 20 chilometri verso l’entroterra, andate a Monte San Giusto, il classico piccolo paese del Centro Italia. Di origine romana, una bella piazza, il palazzo fortezza Bonafede, che è l’opera architettonica più interessante, un bel bar e una buona gelateria, ma voi chiedete della Chiesa di Santa Maria in Telusiano, è questa la vera ragione della deviazione, il luogo in cui scoprirete l’emozionante sorpresa: eh sì, vi troverete davanti al più bel dipinto di Lorenzo Lotto, «La Crocifissione», un olio su tela (425,5x248 cm) datato dal 1529 al 1534. Un colpo al cuore. L’opera fu commissionata dal vescovo di Chiusi, Niccolò Bonafede, per l’altare maggiore della chiesa. Il dipinto era amatissimo da Bernard Berenson, al punto da definirlo «il capolavoro del Lotto, l’opera sia più ambiziosa come concezione che più drammatica e vigorosa nella resa». Un quadro drammatico, sembra di sentire le voci dei personaggi, lo scalpitio dei cavalli, al centro la Croce di Cristo come indicata dalle lance, in primo piano Maria Vergine, sorretta da san Giovanni e le Pie donne: tutto in un vorticoso movimento, tra i tipici colori forti del Lotto. Procida nascosta Pepi Marchetti Franchi, gallerista (Gagosian Gallery, Roma) Una delle scoperte più sorprendenti che ho fatto di recente è stata l’isola di Procida, un paradiso in parte nascosto all’ombra di mete conosciutissime come Napoli, Capri e Ischia, dove pochi si fermano. Procida è un’isola nera dove in un lembo di terra relativamente piccolo convivono esperienze e panorami opposti e straordinari tra cui il pittoresco porticciolo della Corricella con le sue casette color pastello che da solo vale il viaggio; le rovine di architetture grandiose come Palazzo D’Avalos, testimonianza dell’importante storia dell’isola; e la natura selvaggia di Solchiaro da esplorare in bicicletta. Anche adesso che è diventata Capitale della Cultura sono sicura che Procida manterrà il suo carattere unico che prima di noi ha attratto scrittori e artisti come Elsa Morante e Daniel Buren. Volterra in bici Marcello Maloberti, artista Volterra è un luogo, ma anche un viaggio in bici: da Cecina a Volterra e viceversa. La fatica risponde con un ritorno, che è il vero volo. Volterra è una città che vado a visitare spesso; c’è la Fortezza Medicea, sede della teatrale Compagnia della Fortezza, il Teatro Romano, il Manierismo con la «Deposizione» di Rosso Fiorentino. Lì trovo un grande senso di memoria, sento una certa sacralità. Per me Volterra è una calamita, un fuoco, qualcosa di preistorico, di selvaggio. È metafisica nella sua presenza. Volterra è una stratificazione di tanti stimoli. C’è qualcosa di magico in quel luogo, con tutti i riti etruschi, come se la città fosse radicata nella pietra. Nell’ex Ospedale psichiatrico c’è un incisione fatta dal paziente Oreste Fernando Nannetti, che si sta consumando nella roccia, figura centrale nel film del 1985 «L’Osservatorio Nucleare del Signor Nanof» di Paolo Rosa. A Volterra senti una doppia energia, ti porta in alto ma anche nelle viscere della terra. Il Monastero di Hozoviotissa ad Amorgos Amorgos profondo blu Anna Ferrino, Presidente Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea Crt, Torino Non mi capita spesso di sentirmi in piena sintonia con un luogo, invece ad Amorgos mi è successo. Questa straordinaria isola greca aspra, altera e ventosa è capace di emozionare per il suo mare blu profondo e incontaminato che chi ha visto il film di Luc Besson «Le grand bleu» (1988) ricorderà. È il luogo perfetto per immergersi nel vivere isolano arrivandoci lentamente con il traghettino Scopelitis. Il suo monastero Hozioviotissa arroccato nella roccia, sospeso in quello che sembra un equilibrio precario sul mare, è imperdibile, la bellissima chora e le sue chiese e il delizioso museo archeologico, i suoi borghi, le tradizioni contadine, le coltivazioni e la sua straordinaria rete di sentieri e muretti a secco dove perdersi a camminare per ore in silenziosa solitudine incontrando solo le immancabili caprette... Per me Amorgos è l’essenza del Mediterraneo che amo, aspro, maestoso, ancora relativamente poco antropizzato, ancora adeguatamente selvaggio e vero. La vegetazione è meravigliosa, con i suoi alberi e cespugli piegati dal vento che assumono forme scultoree. Ci sono anche due affascinanti piccoli siti archeologici, in particolare quello dell’antica Minoa testimonia che l’isola aveva una certa rilevanza mille anni avanti Cristo. Da vedere le vecchie botteghe e alcune taverne che regalano un tuffo nell’autentico e nel passato che mi emoziona sempre. Provo grande rispetto per le famiglie che di generazione in generazione preservano le tradizioni locali e difendono con orgoglio l’eredità della loro terra, a volte inconsapevoli dell’importanza di quanto stanno facendo. Regola incrinata in Puglia Francesca Cappelletti, direttrice Galleria Borghese, Roma A Casaranello, la Chiesa di Santa Maria della Croce è una delle fondazioni più antiche della Puglia, le cui origini si scalano fra il V e il VI secolo e dove i mosaici e gli affreschi non smettono di interrogare il visitatore sui loro autori e sul loro significato. Casaranello è in realtà un po’ lontano dal paese che fa parte di una costellazione, Muro Leccese, che è la base delle vacanze. Qui due chiese sfalsate, non esattamente simmetriche, bilanciano i lati della piazza principale: l’incanto è dato da quella lieve mancanza di equilibrio, di precisione geometrica. È anche questo essenziale per la vacanza: stare in equilibrio sull’autenticità, sulla regola incrinata, trovare la tranquillità nella variazione. Non sapere niente, per una volta, di una storia messa in fila, ma ascoltare i racconti senza riferimenti al tempo; non conoscere i nomi degli artisti se non quando sei qui, come quello che ha dipinto la magnifica controfacciata di una delle due chiese, pensare che l’arte non vada di seguito e possa fare dei salti. Fuori dalla sequenza, non troppo lontani dalle spiagge di Otranto: andare al mare oppure restare sotto la pergola della (meravigliosa) pasticceria del Paese?
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