Prima Ora

2022-10-14 12:35:14 By : Ms. Rebecca SUN

«In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica». Liliana Segre Buongiorno. oggi, inevitabilmente, riserviamo una lunga pagina all’inizio zoppicante della legislatura. Ma non dimentichiamo la guerra in Ucraina , sulla quale ci sono importanti novità. La diciannovesima legislatura si apre con un colpo di scena clamoroso. Che non è l’elezione a presidente del Senato di Ignazio La Russa , che era annunciata con un accordo che sembrava siglato (dopo il passo di lato di Roberto Calderoli ), ma il fatto sia stato eletto con i voti di Fdi e Lega e senza quelli di Forza Italia . Qualcuno nell’opposizione , dunque, ha votato l’esponente di Fratelli d’Italia. Ma chi? Guardiamo i numeri. Considerando che il quorum era a 104 voti , che senza i voti di Forza Italia si pensava che La Russa arrivasse a soli 99 voti e invece è arrivato a 116 , ci sono parecchi consensi che sono arrivati dall’opposizione: 17 voti . Le domande a questo punto sono tante. 1. Sono voti sparsi o c’era un accordo con qualche gruppo? 2. In quest’ultimo caso, perché non è stato rivendicato? 3. Meloni sapeva? Se non fosse stata sicura dell’elezione, forse non avrebbe bruciato La Russa. E allora forse sapeva che sarebbe arrivato un aiutino e magari anche da chi. Ma partiamo dall’inizio. Il saluto di Liliana Segre La legislatura viene aperta, in qualità di membro anziano, da Liliana Segre , senatrice a vita che fu deportata nei lager nazisti. Non è un discorso di circostanza (qui l’integrale), e non poteva esserlo, visto che quella che si apre è la legislatura più a destra dall’inizio della Repubblica e che il successore a sedersi sulla presidenza del Senato è uno storico esponente del Movimento sociale. Dopo un ringraziamento al capo dello Stato Sergio Mattarella e a Papa Francesco , Segre fa un appello alla pace in Europa contro «una follia senza fine ». Poi il momento più simbolico e personale allo stesso tempo: «È impossibile per me non provare una specie di vertigine ricordando che quella stessa bambina, in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita fu costretta dalle leggi razziste a lasciar vuoto il suo banco della scuola elementare . Quella stessa bambina ora si trova, per uno strano destino, sul banco più prestigioso del Senato». La senatrice a vita ha poi invitato a lasciare fuori dall’Aula «la politica urlata » e ha spiegato che il 25 aprile, il 1 maggio e il 2 giugno non dovrebbero essere vissute «come date divisive» . La Costituzione, ha ricordato, deve essere la nostra stella polare. La Russa ha applaudito, si è detto d’accordo su tutto quello che ha detto Segre e ha regalato un mazzo di rose bianche (qui il video). La lite tra Berlusconi e La Russa Sembrava che l’accordo per la presidenza del Senato ci fosse, ma a un certo punto è stato evidente che non era così. La questione più delicata per Silvio Berlusconi - di ritorno in Parlamento dopo anni di assenza - è stato il no a Licia Ronzulli nel governo da parte di Meloni. Un’esponente vicinissima al Cavaliere, considerata poco accreditata per un governo di alto profilo e guardata con sospetto per le sue posizioni rigide sul Covid. Berlusconi annuncia che lei non sarà ministro «e non ci sta bene, non ci piacciono i veti». È il preannuncio dello scontro. Berlusconi non ha digerito neanche che le due Camere siano state assegnate a Fdi e Lega. A un certo punto un video immortala La Russa che si avvicina al banco dov’è seduto Berlusconi . Lui è affabile, dice qualcosa, ma il leader di Forza Italia è palesemente infastidito. La breve conversazione si conclude con Berlusconi che sbatte una cartelletta sul tavolo e sbotta in un «vaffa» , a quel che sembra evidente dal labiale. La cartelletta di Berlusconi Berlusconi lascia socchiusa la cartelletta, che viene fotografata. Da qui si evincono i desiderata di Forza Italia per il governo: Tajani Esteri, Casellati Giustizia, Bernini Università, Gasparri Pubblica amministrazione, Cattaneo Ambiente e transizione o un altro non identificato. E Ronzulli (qui la storia della sua ascesa), che viene segnata in diverse poltrone: Politiche europee, Turismo, Rapporti con il Parlamento. Ma anche la delega agli Anziani. Il sottosegretario alla Presidenza con delega all’editoria è indicato in Alberto Baracchini . Chi ha votato a destra dall’opposizione? Insomma, pare evidente che la quadra non c’è . Berlusconi va a votare, chissà per chi, insieme a Maria Elisabetta Casellati , ma i suoi (16 senatori) no. Sembra chiaro a quel punto che sarà fumata nera e invece La Russa viene eletto, a sorpresa. Di fronte alla camera del nostro Nino Luca, Berlusconi spiega: «Non è stato uno smacco per noi di Forza Italia. Sono lieto che sia stato eletto un amico come La Russa. Il governo non parte male, era solo necessario dare un segnale». Chi l’ha votato? Forza Italia chiama in causa i renziani, il Pd anche. Graziano Delrio parla di «un’operazione di Renzi e di Conte». Va detto, però, che il gruppo non ancora formato di renziani e calendiani assomma a 9 senatori. E gli altri? I conti non tornano. Renzi dice che non l’ha fatto e se l’avesse fatto l’avrebbe rivendicato. Dal Pd partono strali. Enrico Letta parla di «irresponsabilità». Tra i 5 Stelle, ma anche tra i dem, c’è nervosismo. Conte accusa: «C’è chi vuole fare finta opposizione». E poi aggiunge: «Per capire chi è stato, basta vedere chi accusa per primo». È stato fatto un accordo sottobanco per vicepresidenze, presidenza Copasir e Vigilanza Rai, in cambio dell’aiuto per La Russa? Difficile avere certezze. Quel che pare certo è che La Russa nei giorni scorsi ha incontrato Renzi e diversi altri esponenti, anche del Pd. Sul banco degli imputati, anche Dario Franceschini.

Il discorso di La Russa Dopo l’elezione, La Russa fa un lungo discorso, anche se dice che non l’ha preparato. Prova a essere ecumenico , forzando un po’ la sua natura, ringrazia Segre e spiega che sarà «il presidente di tutti ». I passaggi più politicamente sensibili sono quelli sugli anni di piombo e sul terrorismo : «Di nomi ne potrei fare tanti e dovrei farne tanti, ma quello dell’ispettore (sic, era commissario ) Calabresi credo possa rappresentarli tutti, assieme, per restare nella mia Milano, a tre nomi di ragazzi: un militante di destra, Sergio Ramelli che ho conosciuto e di cui sono stato avvocato di parte civile, e due di sinistra, Fausto e Iaio i cui assassini non sono mai stati trovati. Mi inchino anche davanti alle loro memorie». La Russa, nella sua par condicio istituzionale, cita Pertini e Tatarella , poi fa un altro passaggio, questo davvero sorprendente: «Ci sono tre date alle quali non voglio fuggire: il 25 aprile, il 1 maggio e il 2 giugno. Io vorrei aggiungere la data di nascita del Regno d’Italia che prima o poi dovrà assurgere a festa nazionale». Improbabile, se non si riferisce all’unità ma alla monarchia, visto che abbiamo scelto la Repubblica con un referendum nel lontano 1946. E ora? Oggi sarà scelto il presidente della Camera. Le prime votazioni sono andate a vuoto, ma oggi diminuirà il quorum. Il nome su cui ci sarebbe accordo, scrive Monica Guerzoni, è quello del leghista Lorenzo Fontana . Non Riccardo Molinari, ma l’ex ministro che fa capo alla Lega veneta, riequilibrio necessario dopo le critiche dei giorni scorsi alla gestione del segretario. Salvini assicura che ci sarà il consenso di tutta la maggioranza e Forza Italia conferma. Sarebbe un modo per provare a far dimenticare una falsa partenza (qui la diretta di Aldo Cazzullo di ieri), che fa intuire come l’unità e la compattezza del centrodestra siano già a rischio. Ci sarà poi da ricucire e trovare compensazioni per Forza Italia. Se non sarà così, probabilmente le tre delegazioni saliranno al Colle separate. Meloni, intanto, parla di «grave mancanza di rispetto ». Aggiungendo: «Io lavoro per l’Italia, spero che gli altri vogliano fare lo stesso». Meloni è entusiasta dell’elezione di La Russa che definisce «un patriota». E, scrive Paola Di Caro, sembrerebbe intenzionata a fare di testa sua e a non subire «ricatti» da Forza Italia. Quel che è certo è che la Lega sta prendendo quota. Meloni spiega che Giorgetti sarebbe ottimo all’Economia. Del resto è abbastanza in continuità con Draghi e fa da contrappeso a Salvini. Guerra, incontro Putin-Erdogan I giorni di guerra, pare impossibile, sono già 232. Ieri il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha incontrato per la quarta volta il presidente russo Vladimir Putin ad Astana, la capitale del Kazakhstan. Ufficialmente, ma pare impossibile anche questo, non si è parlato di Ucraina. Putin ha spiazzato, lanciando l’idea di un hub del gas in Turchia, considerato il partner più affidabile. E ha spiegato che «può essere la piattaforma per determinare il prezzo del gas». Erdogan ovviamente ha valutato positivamente l’idea. Quanto alla guerra, i russi spiegano che «l’offensiva continua, ma siamo aperti al dialogo ». • In un’intervista alla Tass , il vice segretario del Consiglio di Sicurezza russo, Alexander Venediktov, ha spiegato: «L’adesione dell’Ucraina alla Nato può portare alla Terza guerra mondiale e la stessa Alleanza atlantica lo capisce». • L’Assemblea dell’Onu ha adottato una risoluzione che condanna la «tentata annessione illegale» della Russia di 4 regioni ucraine. • Il Fondo monetario ha stimato che serviranno circa 3-4 miliardi di dollari al mese per finanziare l’Ucraina nel 2023. • L’ad di Gazprom ha dichiarato che non ci sono garanzie circa la sopravvivenza dell’Europa all’inverno viste le riserve attuali di gas. • Il Regno Unito fornirà altri missili antiaerei a Kiev. Draghi, Macron e la Nato Mario Draghi è stato ricevuto all’Eliseo dal presidente francese Emmanuel Macron. Una cena privata molto cordiale. Per Draghi potrebbe prepararsi un futuro internazionale. Macron, scrive Stefano Montefiori, lo vedrebbe bene come segretario generale della Nato , al posto di Stoltenberg. Iraniane coraggiose Parlano a Greta Privitera alcune ragazze iraniane che raccontano la protesta. E spiegano di avere l’appoggio anche dei loro padre e degli uomini, molti dei quali sono scesi in piazza e sono morti per la loro libertà. Proteste contro Xi Jinping Si registra una rarissima protesta contro il leader cinese Xi Jinping: alla vigilia del XX Congresso che potrebbe consacrarlo presidente per la terza volta, sono apparsi striscioni contro di lui . Da ascoltare / Corriere Daily A questo proposito, nel podcast Corriere Daily il corrispondente da Pechino Guido Santevecchi spiega il significato e le prospettive del congresso. Mentre da New York Federico Rampini spiega in che modo guardano a questo congresso degli spettatori molto interessati: gli Stati Uniti di Joe Biden. La riforma del bonus casa I bonus, secondo indiscrezione, rimarranno ma potrebbero essere accorpati e ci sarà una distinzione tra prima e seconda casa. Soprattutto in tema di Superbonus, la detrazione fiscale per l’abitazione principale scenderà dal 110 all’80%, mentre per le seconde case la percentuale potrebbe oscillare tra il 50 e il 65%. Grazie per aver letto Prima Ora Qui sotto trovate alcuni approfondimenti. (In sottofondo, The moon is a harsh mistress, il pezzo che apre l’ultimo album, Fairytales di Radka Toneff, morta suicida a 30 anni, nel 1982. Il brano lo trovate nella nostra playlist Il Punto 2022 Corriere della Sera) Siamo la Redazione Digital , se vi va scriveteci: gmercuri@rcs.it, langelini@rcs.it, etebano@rcs.it, atrocino@rcs.it

In teoria, il centrodestra ha vinto la prima delle sue sfide , portando alla presidenza del Senato il candidato di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa; e oggi eleggerà alla Camera un presidente leghista. In teoria, perché è servita una manciata provvidenziale di voti delle opposizioni. La maggioranza si è disunita per il «no» stizzito di Forza Italia a La Russa, con un Silvio Berlusconi furibondo e frustrato per il rifiuto di Giorgia Meloni ad avallare alcune candidature pretese dal Cavaliere. In particolare, un’impuntatura sul nome della fedele Licia Ronzulli come ministra , bocciata senza appello. Ma non si può fare finta che il pasticcio di ieri nasca solo da lì: è troppo poco per spiegare un testacoda così plateale e suicida. Quanto è avvenuto nasce piuttosto dal distacco dalla realtà di un berlusconismo autoreferenziale e nostalgico; e incapace, col suo «cerchio magico», di prendere atto che un mondo, il suo, è tramontato per sempre e deve fare i conti con un nuovo potere allo stato nascente del centrodestra. La sofferenza di una parte di FI e della Lega è la reazione scomposta e alla fine perdente contro il ribaltamento dei rapporti di forza interni, sancito dal voto del 25 settembre. In uno schieramento egemonizzato per vent’anni dal berlusconismo , e negli ultimi quattro dal leghismo salviniano, l’ascesa della destra d’opposizione, costruita in buona parte travasando i consensi degli alleati, si sta rivelando un trauma superiore alle previsioni; e acuito, non compensato da una vittoria asimmetrica. La prospettiva concreta che la leader di FdI vada a Palazzo Chigi ha creato un cortocircuito dagli sviluppi imprevedibili. La votazione di ieri mattina al Senato è il segnale di una maggioranza che rischia di dovere contrattare di volta in volta i provvedimenti, per non ritrovarsi in debito di ossigeno politico. (continua qui)

La vittoria di Giorgia Meloni non potrebbe essere più netta: il 25 settembre nel Paese; ieri al Senato. Eppure, il difficile viene adesso. Perché la donna che da oggi è la leader del centrodestra, per il consenso popolare e per la capacità di farlo valere nel Palazzo, deve affrontare il vero nodo. Che non è far entrare la Ronzulli nel governo, ma stare con l’Europa o con i sovranisti, con Zelensky o con Putin, con il partito del rigore o con quello dello scostamento di bilancio. C’è ovviamente una questione di rapporti dentro la maggioranza. Un accordo duraturo andrà trovato, e non potrà passare per l’umiliazione definitiva di Berlusconi, che resta pur sempre il fondatore del centrodestra. È interesse anche della Meloni evitare che il proprio fallimento diventi la missione della vita del Cavaliere e della Ronzulli. Ma la vera questione è il rapporto con l’Europa. Giorgia Meloni sta per diventare la prima donna presidente del Consiglio in uno dei momenti più drammatici della nostra storia . In questo secolo abbiamo già superato crisi terribili: l’11 settembre, il crollo di Wall Street, la pandemia; ma i prezzi restavano stabili. Ora i prezzi sono impazziti, proprio mentre sui confini orientali del continente scoppiava una guerra senza quartiere. In un’Europa priva di leader, senza la Merkel e con un Macron dimezzato, tornano gli egoismi nazionali, a partire dalla nazione economicamente più grande, la Germania. Ma farsi condurre su quel sentiero è forse nell’istinto, ma certo non nella convenienza della Meloni. Mai come oggi l’interesse nazionale passa dai buoni rapporti con la Commissione di Bruxelles, da cui dobbiamo incassare in tutto 191 miliardi, con la Banca centrale, che deve continuare a comprare i nostri titoli di Stato, con il Cancelliere Scholz, che non può boicottare per sempre il tetto al prezzo del gas, e con la Francia, che resta il nostro partner economico naturale. (continua qui)

Essere mandati platealmente a quel paese dall’alleato Berlusconi e, subito dopo, venire eletti alla seconda carica dello Stato con i voti determinanti dell’opposizione. Chiunque fosse sopravvissuto a un uno-due emotivo di quel calibro avrebbe avuto ottime ragioni per vacillare. Va invece dato atto a Ignazio La Russa di essersi inerpicato lungo le pareti del suo primo discorso presidenziale con un’accortezza figlia dell’esperienza, nonostante avesse puntati addosso i fari di mezzo mondo in ansiosa attesa di potergli imputare qualche irrigidimento: se non dell’avambraccio, almeno del linguaggio. E invece: i fiori alla Segre, l’omaggio ecumenico alle vittime del terrorismo e la citazione meritoria del commissario Calabresi (anche se per l’emozione lo ha declassato a ispettore). L’ex missino di lungo corso che un’imitazione di Fiorello traghettò in uno strabuzzar d’occhi nella Repubblica della Simpatia sembrava essere giunto al traguardo indenne, quando, come capita a certi studenti, ha incespicato sulle date. Ha reso omaggio al 2 giugno, al 1° maggio, addirittura al 25 aprile, ma a quel punto gli è scappata la frizione e ha proposto di festeggiare anche la nascita del Regno d’Italia. Se avesse detto «Unità d’Italia», nessun problema. Invece ha detto «Regno» e adesso qualche prevenuto è pronto a estrarre i fantasmi dall’armadio. Vagli a spiegare che quella di La Russa era un’astuta presa di distanza: l’ultimo Mussolini detestava a tal punto il Re da rammaricarsi di aver fatto finire la marcia su Roma davanti al Quirinale anziché dentro.

Può la California stabilire da sola, secondo suoi principi etici, che i maiali vanno trattati in modo più umano obbligando così i produttori di tutti gli altri 49 Stati a cambiare i sistemi di allevamento? Arrivata fino alla Corte Suprema, la disputa tra i maggiori allevatori Usa e la California dove nel 2018 i cittadini hanno votato in un referendum propositivo il divieto di vendere carne se a ogni animale non sono concessi almeno 24 piedi quadri (2,2 mq) di spazio, ha provocato, tra i giudici costituzionali, uno dei dibattiti più accesi e prolungati degli ultimi anni. E i giudici ultraconservatori, solitamente compatti, stavolta si sono spaccati: Clarence Thomas e Neil Gorsuch tendono a considerare legittima Proposition 12, la norma californiana, mentre Samuel Alito e Bret Cavanaugh sembrano giudicarla incostituzionale (il giudizio, come sempre, arriverà alcuni mesi dopo questo dibattito pubblico). Il ricorso degli allevatori parte da una base economica : la California consuma il 13% della carne di maiale americana ma ne produce solo l’1%: chi vende in questo grande mercato (tutti) dovrà investire almeno 300 milioni di dollari per adeguarsi alle regole dello Stato della West Coast. I principi etici dei californiani faranno salire quasi del 10% il prezzo del bacon per tutti gli americani. Ammissibile? Vacillano anche i tre giudici progressisti, tendenzialmente favorevoli a Proposition 12: la California si è già data regole più avanzate ad esempio per la tutela dell’ambiente ma qui è in gioco un principio costituzionale: gli Stati non possono adottare leggi che limitino in modo significativo il libero scambio di beni e servizi nell’Unione. Problema che si pone anche nella Ue quando sorgono controversie tra competenze nazionali e comunitarie. Nel dibattito della Corte Suprema è stato citato più volte lo spettro della balcanizzazione di un Paese diviso su tutto: giudici di sinistra (Elena Kagan) e di destra (Amy Coney Barrett) si sono chiesti se una conferma di Proposition 12 non possa portare un domani la California democratica ad ammettere solo la vendita di prodotti confezionati da personale sindacalizzato mentre il Texas conservatore potrebbe introdurre la regola opposta. Con ogni Stato tentato di condizionare gli altri vietando, ad esempio, la vendita di merci prodotte da personale non vaccinato o da immigrati clandestini.

Mentre comincia la Festa di Roma, aperta da «Il colibrì» di Francesca Archibugi, sono tre i film della settimana, di importanza e genere molto diversi : l’horror storico «Hallowen Ends», il dramma sentimentale «La ragazza della palude», il coreano «Le buone stelle – Broker».

«Halloween Ends» di David Gordon Green è il tredicesimo e (forse) ultimo capitolo della saga creata 44 anni fa da John Carpenter, terzo titolo della trilogia finale che comprende «Halloween» e «Halloween Kills». Torna il serial killer con la faccia imbiancata Michael Myers, ma il contagio del male riguarda tutta Haddonfield. Contro di lui, la vittima storica Laurie Strode (Jamie Lee Curtis ). Voto: +++ su 5 (nelle sale ).

«La ragazza della palude» di Olivia Newman , girato in Louisiana, è il trampolino di lancio di una piccola diva di charme, la britannica ventiquattrenne Daisy Edgar – Jones . Storia di Kya Clark, bimba e poi donna selvaggia che, persa di vista la famiglia, visse in una casa di legno negli acquitrini del Nord Carolina e divenne scrittrice di favole di fiume. Drammone esistenziale e legal thriller. Voto: +++ ½ su 5 (nelle sale ).

«Le buone stelle – Broker» di Hirokazu Kore’eda è un’esplorazione dell’universo familiare. Famiglie naturali, di sangue, adottive, elettive, per necessità, d’emergenza. Una giovane madre abbandona la figlia neonata nella «baby box» di un istituto della Corea del Sud e poi s’allea con una coppia di venditori di bambini. Voto: +++ ¾ su 5 (nelle sale ).

«Amanda» di Carolina Cavalli è un racconto antiborghese, post generazionale, sull’animo precario dei nostri giovani. Amanda (Benedetta Porcaroli ) è una ragazza di buona famiglia, ma apatica, ribelle, in cerca d’affetto. Corteggia un balordo di periferia e ritrova un’amica d’infanzia, anche lei in rotta con il mondo. Voto: +++ su 5 (nelle sale ).

«Il ragazzo e la tigre» di Brando Quilici è un omaggio a papà Folco Quilici, gran documentarista, e propone la fiaba di Balmani (in nepalese , piccolo gioiello), orfano dodicenne sopravvissuto al terremoto di Katmandu che salva una tigre del Bengala e la riporta sulle vette dell’Himalaya, assistito dalla volontaria Claudia Gerini . Voto: ++ ½ su 5 (nelle sale ).

«La ragazza più fortunata del mondo» di Mike Barker racconta l’ascesa della giornalista Ani (Mila Kunis ), seducente e in carriera, che si ritrova a fare i conti con un passato scomodo, una sparatoria e uno stupro. Solo così ritroverà se stessa. Voto: +++ su 5 (su Netflix ).

«Hocus Pocus 2» di Anne Fletcher è il film Disney per Halloween, sequel live-action del film del 1993, racconto di tre liceali incaute che risvegliano dal sonno ultracentenario le sorelle Sanderson, streghe di prima qualità: Sarah (Sarah Jessica Parker ), Winifred (Bette Midler ) e Mary (Kathy Najimy ). Star e avventure magiche. Voto: +++ su 5 (su Disney+, Apple TV+ ).

«Una famiglia vincente – King Richard» di Reinaldo Marcus Green ripropone la cavalcata sportiva delle tenniste Serena e Venus Williams , dominatrici del ranking mondiale per anni, descrivendo il non facile rapporto con il padre-padrone King Richard (Will Smith ). Voto: +++ su 5 (su Sky Cinema e Now dal 17 ottobre e su Prime Video, Infinity+, Infinity, Chili, TimVision, Rakuten Tv, Google Play, Microsoft Store, iTunes ).

«Lasciarsi un giorno a Roma» di Edoardo Leo racconta la love story di Tommaso (Leo), scrittore debuttante, e della spagnola Zoe (Marta Nieto ), imprenditrice di videogiochi. I due sono in crisi dopo dieci anni trascorsi insieme. La terza protagonista del fim è una Roma malinconica e romantica . Voto: +++ su 5 (su Sky Cinema e Now, Netflix ).

«Thor: Love and Thunder» di Taika Waititi parla del dio del tuono, figlio di Odino, perno della mitologia nordica e del Marvel Cinematic Universe . Cast stellare: Chris Hemsworth, Natalie Portman, Christian Bale, Tessa Thompson, Russel Crowe e molti altri. Voto: +++ su 5 (su Apple TV+, Disney+, Chili, TimVision, Rakuten Tv, Google Play, Microsoft Store, iTunes ).