Il cambio di destinazione d'uso di un box a vano abitativo comporta l'utilizzo della piscina o del campo da tennis comune?

2022-10-08 18:28:10 By : Ms. Judy Xin

Con sentenza emessa in data 28 settembre 2022, n. 28181 la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su quattro motivi di censura (di cui due in subordinata) in virtù dell'azione intentata da un Condominio nei confronti di un condomino, esponendo:

Sulla base di questa rappresentazione dei fatti, il Condominio attore chiedeva che il convenuto-condomino venisse condannato alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, con la conseguente demolizione della finestra realizzata sulla parete del box, la sostituzione della porta con la serranda basculante preesistente e con l'eliminazione dell'allaccio dei servizi igienici alla rete fognaria.

Nella costituzione del convenuto, che insisteva per il rigetto della pretesa attorea. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2137/2009, rigettava la domanda del suddetto Condominio. Avverso tale pronuncia il Condominio proponeva appello innanzi alla Corte d'Appello di Roma, che con sentenza n. 2801/2017 (pubblicata il 28 aprile 2017), accoglieva parzialmente e, in riforma per quanto di ragione dell'impugnata sentenza (confermata nel resto), dichiarava che il condomino-appellato, quale proprietario del miniappartamento contraddistinto al piano seminterrato del fabbricato oggetto di causa, non aveva diritto di utilizzare il campo da tennis ed il giardino del Condominio dello stabile in questione. Compensava integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Avverso detta sentenza ricorreva per cassazione il condomino-appellato, sulla base di due motivi in via principale e ad altri due motivi prospettati in via subordinata. Il Condominio intimato resisteva con controricorso.

Con il primo motivo, formulato in via principale, il ricorrente ha denunciato - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. - la violazione dell'art. 112 c.p.c. per effetto della prospettata mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Con il secondo motivo, avanzata sempre in via principale, il ricorrente ha lamentato la violazione del principio di non contestazione di cui all'art. 115 c.p.c.

Con il primo motivo da intendersi dedotto in via subordinata, il ricorrente ha denunciato - con riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione dell'art. 1117 n. 1 c.c. e la falsa applicazione degli artt. 1100 e segg. c.c., avuto riguardo alla mancata inclusione del giardino e del campo da tennis ivi insistente, o in ulteriore subordine del solo giardino, tra i beni presuntivamente condominiali, con conseguente illegittima sussunzione dei suddetti beni nell'ambito della comunione ordinaria.

Con la seconda censura proposta in via subordinata, il ricorrente ha lamentato - in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione dell'art. 1117 n. 1 c.c. e la falsa applicazione degli artt. 1110 e segg. c.c., in uno alla violazione dell'art. 2697 c.c., avuto riguardo all'onere della prova circa l'anteriorità dell'esistenza del campo da tennis rispetto all'epoca della trasformazione, dallo stesso eseguita, del box in appartamento.

La Suprema Corte riteneva tutti infondati i motivi di censura sia principale che subordinati.

Gli ermellini rilevano che la Corte laziale non era incorsa in alcun vizio di extrapetizione, posto che il condomino non aveva diritto all'utilizzo del giardino comune e del campo da tennis condominiale.

Del resto, il fatto rilevante ai fini della decisione del giudizio non era tanto la verifica della legittimità o meno del mutamento di destinazione e/o trasformazione eseguito dal condomino, quanto la divisione dell'originaria unica unità immobiliare (appartenente a lui e alla consorte) in due distinte e separate unità, con l'accertamento conseguente sull'uso legittimo o meno delle cose comuni, sul presupposto della loro condominialità.

La Cassazione ha, altresì, precisato che in tema di impugnazioni, il giudice di appello incorre nel vizio di extrapetizione allorché pronunci oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d'ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (in tal senso, Cass. civ. sez. 2012, n. 12943; Cass. civ. 2005, n. 4744).

Il giudice del gravame, secondo la Suprema Corte, ha motivato specificatamente sulla illegittimità dell'uso, da parte del condomino, del giardino comune e della piscina condominiale, anche con riferimento all'eventualità in cui ad essi si fosse voluta ritenere applicabile la presunzione di condominialità di cui al citato art. 1117 c.c., così procedendo alla valutazione della prospettazione del ricorrente, impostata sull'esclusione dell'operatività di tale presunzione, giungendo, tuttavia, all'accertamento della illegittimità dell'uso di detti beni ad opera dello stesso condomino sulla base di altra autonoma "ratio decidendi", la cui critica costituisce oggetto degli altri due motivi di ricorso dal medesimo proposti in via subordinata.

Anche questi due ultimi motivi sono infondati e devono essere rigettati, risultando conforme a diritto il percorso logico-giuridico adottato al riguardo nell'impugnata sentenza e la conseguente soluzione raggiunta.

E' indiscutibile che, affinché un singolo condomino possa presumersi comproprietario di una determinata parte comune di un edificio condominiale, è necessario che, all'atto della costituzione del condominio, sussistesse un rapporto di accessorietà, di tipo strutturale e funzionale, tra tale parte comune (come sono il giardino e la piscina condominiali) e la singola, distinta, unità immobiliare, nella sua originaria conformazione (poi pervenuta al detto condomino), di modo che possa venirsi a configurare l'idoneità, anche se non esteriorizzatasi, della prima ad essere utilizzata in funzione del godimento della seconda.

Diviene, perciò, consequenziale ritenere che la suddetta presunzione (di condominialità) non opera nel momento in cui l'indicata relazione attitudinale non esisteva al momento del frazionamento dell'edificio in proprietà diverse e si sia venuta a realizzare solo successivamente per effetto della trasformazione apportata alla porzione immobiliare di proprietà singola.

Ed è proprio questa la situazione che si è venuta a configurare nel caso di specie, poiché - a seguito della sopravvenuta divisione dell'intera unità immobiliare già appartenente in comune al marito e alla moglie, con l'attribuzione al primo del solo originario box - avendo il ricorrente successivamente trasformato quest'ultimo in un monolocale adibito ad uso abitativo (creando, perciò, un'unità immobiliare aggiuntiva, quindi non esistente all'atto della costituzione del condominio), la nuova conformazione e destinazione del vano non avrebbero potuto comportare il diritto all'utilizzo del giardino comune e della piscina condominiale, siccome il box oggetto di trasformazione non era legato da un relazione funzionale di strumentalità con il godimento collettivo di detti beni (dovendosi prescindere dall'utilizzazione di fatto e, comunque, dalla soggettività del servizio).

Pertanto, correttamente, la Corte di appello ha concluso che, sul presupposto dell'impossibilità di configurare l'utilizzo del campo da tennis e del giardino condominiali in funzione dell'uso dell'originario box, andava esclusa la presunzione di condominialità di detti preesistenti (non essendo stata la circostanza della loro preesistenza oggetto di contestazione nei gradi di merito) in favore del condomino-ricorrente, divenuto proprietario del miniappartamento frutto della trasformazione del box stesso, con conseguente inapplicabilità - in relazione alla nuova struttura e destinazione da esso assunte - delle norme concernenti la disciplina dei beni comuni del condominio, trovando, invece, applicazione quelle della comunione ordinaria.

In conclusione, la Corte rigettava il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Sentenza Scarica Cass. 28 settembre 2022 n. 28181

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