eCommerce e resi online: quale impatto sull’ambiente? - Tiscali Ambiente

2022-10-09 11:00:24 By : Ms. Danielle Xu

Quello dei resi gratuiti è da qualche anno uno dei cavalli di battaglia di molti eCommerce, in particolare quelli dedicati all’abbigliamento. L’idea alla base è molto semplice: poiché i clienti non hanno la possibilità di provare i capi prima di indossarli, possono approfittare della restituzione gratuita in caso il vestito fosse di una taglia sbagliata o semplicemente non gradito. Ma quale è l’impatto ambientale di questa possibilità? E, soprattutto, come vengono gestiti i resi, i prodotti rifiutati vengono rimessi in commercio?

Ho quindi cercato di capirne di più e, devo dire, il quadro che ne emerge non è proprio dei migliori in termini ambientali. È quindi necessario che tutti prendano consapevolezza di alcune lacune in questo sistema, affinché si possano effettuare acquisti davvero più sostenibili e migliorare il settore nel suo complesso.

Per molte categorie di prodotto, acquistare online non assicura la medesima esperienza dei negozi fisici. È il proprio il caso dell’abbigliamento, degli accessori e di altri prodotti legati alla moda: il cliente non può provare preventivamente il capo né verificare la qualità dei materiali, quindi si tratta di un acquisto praticamente basato sulla fiducia.L’impossibilità di provare gli indumenti rappresenta ovviamente un deterrente all’acquisto e, così, i vari negozi online hanno trovato altre soluzioni per mantenere comunque alta la partecipazione della clientela. Una di queste è proprio il reso gratuito: non puoi verificare il capo prima di comprarlo, ma ti è concessa la possibilità di restituirlo senza costi aggiuntivi in caso non fosse di tuo gradimento.Secondo uno studio pubblicato su The Journal of Marketing, i negozi online che offrono restituzioni a pagamento vedono una riduzione della spesa media per cliente del 75-100% entro due anni. Per contro, chi offre questo servizio vede un aumento di questa spesa tra il 158 e il 457%. È quindi semplice capire perché gli store digitali stiano sempre più puntando sul reso gratuito: incrementa le vendite e permette loro di competere con i negozi fisici.

Eppure, per quanto sia gratuito per il cliente, il reso non è di certo a costo zero per il venditore. Considerando per il momento solo l’aspetto economico – quello ambientale lo analizzerò nei prossimi paragrafi – il negozio online per ogni restituzione deve farsi carico di:

Quando si parla di realtà commerciali, tuttavia, non si può pensare che le aziende si facciano carico di costi così elevati senza recuperare questa spesa altrove. E così sorge più che lecito il dubbio che, per sostenere l’elevata spesa dei resi gratuiti, si risparmi a discapito di aree più importanti, come appunto l’attenzione ambientale. Sì, perché pare che per molti store online sia meno costoso distruggere un reso che rimetterlo in vendita.

Come già accennato, per coprire gli elevati costi del reso gratuito, sorge il lecito dubbio che molte realtà online risparmino altrove. E in effetti questa ipotesi ha trovato conferma in alcuni dati resi pubblici nel 2017 da Optoro, una società che si occupa proprio dei resi per aziende terze: solo il 10% di tutta la merce restituita finisce effettivamente sugli scaffali, il resto è destinato a discariche e inceneritori.Optoro rivela infatti che, anche per le aziende che sono riuscite a stringere accordi favorevoli con i corrieri e vedono una gestione dei magazzini molto snella, ripristinare una restituzione per rimetterla in vendita costa più che smaltirla come rifiuto. Il gruppo ha infatti stimato in 25 centesimi a unità il costo della gestione di un reso – per confezioni fino ai 12 chilogrammi, le più diffuse – mentre destinare il prodotto alla discarica o all’inceneritore ne costa solo 10. A questo si devono anche contare i costi delle giacenze nei magazzini di logistica, pari a 500 euro al metro cubo entro i sei mesi e 1.000 euro oltre ai sei mesi, un alto costo che spinge le realtà online a preferire la distruzione dell’invenduto. Solo negli Stati Uniti, si tratta di circa 2.6 miliardi di chili di resi che finiscono nelle discariche ogni anno.

Nel 2021, un’inchiesta dell’emittente britannica ITV ha rivelato che colossi come Amazon arrivano a distruggere anche 100.000 prodotti resi ogni mese per centro logistico, anche se non difettosi e quindi adatti per una nuova vendita.

Ma quali sono i costi ambientali della politica del reso gratuito, considerando appunto come il trend del settore sia quello di destinare le restituzioni alle discariche o agli inceneritori, anziché rivendere i prodotti?

Non è sempre semplice rinunciare all’eCommerce e preferire i negozi fisici, sia per ragioni di costi che disponibilità. Tuttavia, si può lavorare molto per rendere le vendite online e i resi più sostenibili. Dal punto di vista delle aziende, si potrebbe pensare a:

E dal punto di vista del cliente? Dobbiamo imparare a essere più consapevoli delle conseguenze ambientali dei nostri acquisti. Quindi comprare beni solo quando è necessario, prediligere realtà anche online impegnate in pratiche di maggiore sostenibilità e scegliere uno stile di vita che non sia dettato da semplici mode del momento.

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