Trentamila chili di rifiuti pericolosi stoccati irregolarmente in Polesine sono stati individuati dai carabinieri Forestali di Rovigo. L’operazione ha portato quattro persone a processo. Due capannoni dismessi , uno a Rovigo e uno Badia Polesine, servivano per depositare senza autorizzazioni radiatori, batterie per auto, pneumatici e altro materiale. È terminata in questi giorni, con la notifica agli indagati dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari, l’attività svolta dai militari della stazione carabinieri forestale di Rovigo, e coordinata dalla Procura della Repubblica di Rovigo, che ha portato al rinvio a giudizio di quattro soggetti ai quali sono stati contestati i reati di traffico illecito e gestione non autorizzata di rifiuti.
Le indagini sono partite da un controllo a un capannone dismesso nel comune di Rovigo dove i militari hanno scoperto un’anomala concentrazione di veicoli usati, pneumatici ed elettrodomestici. Questo ha poi permesso di individuare due centri di raccolta di materiali usati e di rifiuti destinati a essere imbarcati all’interno di container su navi cargo dirette verso i porti della Nigeria che partivano dalla dogana di Alessandria. All’interno dei container, oltre a diversi beni con spedizione regolare, venivano stipate illegalmente ingenti quantità di rifiuti come elettrodomestici usati, batterie esaust e, estintori scaduti, pneumatici fuori uso, provenienti tutti da una raccolta fatta sul territorio da soggetti non autorizzati che, previo pagamento di pochi euro, consegnavano i rifiuti raccolti a chi organizzava le spedizioni verso la Nigeria.
I Forestali si sono avvalsi della collaborazione del personale dell’Agenzia dei Monopoli che ha intercettato in due occasioni i container in attesa di essere spediti dalla dogana piemontese. Dalle perquisizioni del magazzino di Rovigo e di un secondo capannone a Badia Polesine è emersa la presenza dei rifiuti che, dopo essere stati raccolti e stoccati illecitamente, erano pronti per essere caricate sui container con destinazione Africa. In Polesine in totale sono stati sequestrati 30mila chili di scarti pericolosi non adeguatamente bonificati dalle componenti contaminanti e pericolose per la salute e l’ambiente come i gas a effetto serra, le soluzioni acide e gli olii.
I paesi in via di sviluppo
Alcuni Paesi dell’Africa e dell’Asia sono destinatari di rifiuti (soprattutto rottami elettronici), ufficialmente dichiarati come «merce usata», che all’estero vengono disassemblati per recuperarne le parti di valore: il tutto al contempo crea ingenti quantitativi di scarti. Quello scoperto è un fenomeno conosciuto e già più volte accertato in Italia, tanto da essere stato trattato nella relazione dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali. Quello che potrebbe apparire come un recupero di materiali in paesi in via di sviluppo o un virtuoso riutilizzo di beni ancora funzionanti, nei fatti si traduce in una esportazione illegale di rifiuti che provoca considerevoli danni ambientali in quanto i Paesi destinatari non possiedono le infrastrutture adeguate per il corretto trattamento delle sostanze pericolose.
I Forestali ricordano che la responsabilità del produttore o del detentore dei rifiuti, sia che si tratti di privati o di attività produttive, si conclude solo con il conferimento al servizio pubblico di raccolta o con la consegna a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento. Questo significa che affidare i propri rifiuti a soggetti che si improvvisano raccoglitori comporta il concorso in una illecita gestione, con conseguenti pesanti sanzioni amministrative o penali.
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