Decine di migliaia di “sorprese” di plastica destinate a riempire altrettanti ovetti di cioccolata sono approdate nei giorni sulle coste di un’isoletta nel Mare del Nord, Langeoog, di fronte alla Germania. Erano finite in acqua quando la nave container danese che le stava trasportando a destinazione è stata sballottata da una forte tempesta.
Così, gli alunni delle scuole dell’isola sono stati chiamati a raccolta sulla spiaggia per ripulirla dall’invasione degli ovetti (il cui inventore, William Salice, tra l’altro, è mancato la settimana scorsa, a 83 anni), e ovviamente servirsi a volontà.
Un bastimento carico di... Ma non è la prima volta che quantità enormi di oggetti di plastica, e di giocattoli in particolare, finiscono in mare. I dati ufficiali sono pochi, ma secondo un’indagine del 2014 dello World Shipping Council, circa 2.600 container sono finiti in mare ogni anno tra il 2011 e il 2013, con il loro contenuto.
Se la forte mareggiata ha subito spinto gli ovetti verso terra, spesso gli oggetti galleggianti continuano a vagare per anni o anche decenni, a seconda del posto in cui sono stati dispersi in acqua.
Paperelle. Nel 1992, oltre 28mila paperelle di plastica da bagno furono perse in mezzo al Pacifico da un cargo che faceva rotta tra la Cina e la California. Per quasi un decennio hanno continuato a girare in circolo nell’oceano Pacifico, trasportate dalla grande corrente nota come Vortice subtropicale del nord Pacifico, ma alcune negli anni sono arrivate fin sulle coste del nord Europa, in Australia o alle Hawaii.
Le papere di plastica naufragate sono addirittura servite nel corso degli anni agli oceanografi per studiare il movimento delle correnti, e per capire come si formano gli agglomerati di detriti in mare, le grande chiazze di rifiuti sospesi negli oceani. È anche disponibile la mappa interattiva del viaggio delle papere e della presunta rotta sulla quale si muoverebbe un oggetto lasciato in qualunque punto delle acque del pianeta.
LEGO. Nel 1997 finirono in mare al largo delle coste della Cornovaglia centinaia di migliaia di pezzetti di Lego, anch’essi da un cargo investito da una forte tempesta, che ancora oggi continuano ad affiorare sulle spiagge della zona.
C’è perfino una pagina Facebook che tiene traccia dei ritrovamenti, e distingue i pezzi “autentici” di quel carico da altri portati dai fiumi o semplicemente abbandonati sulla spiaggia. Anche se la stragrande maggioranza dei ritrovamenti è avvenuta sulle coste della Cornovaglia, a questo punto potrebbero essere stati portati praticamente ovunque dalle correnti.
Rocce di rifiuti. A parte la gioia dei bambini e degli appassionati, quello dei detriti di plastica in mare è un problema serio. Dal momento che la maggior parte di questo materiale non si decompone, continua a circolare per anni e decenni. La minaccia più seria viene dai frammenti minuscoli, che oltre a essere ingeriti da pesci e uccelli marini, lasciano una traccia permanente nell’ambiente. Due anni fa, i ricercatori hanno descritto un nuovo tipo di roccia alle Hawaii, con inglobati pezzetti di buste di plastica, di tappi di bottiglia e di corde. L’hanno chiamato plastiglomerato.
Un accendino, un pettinino di plastica, qualche tappo di bottiglia. Potrebbe essere il collage di un artista della spazzatura: per saperne di più andate alla fotografia successiva.
Foto: © Chris Jordan/US Fish And Wildlife Service
È ciò che normalmente si trova nello stomaco di un giovane albatros delle Hawaii. A Midaway Island, un atollo dell'arcipelago delle Hawaii, vive una colonia di albatros che ogni anno dà alla luce 500.000 pulcini. Di questi, 200.000 muoiono a causa dell'ingestione di plastica con cui i genitori li nutrono perché la scambiano per cibo. In totale, più di 1 milione di uccelli marini e 100 mila mammiferi marini muoiono, ogni anno, a causa dell'ingestione di plastica o intrappolati nei rifiuti.
Foto: © Chris Jordan/US Fish And Wildlife Service
I grandi agglomerati di rifiuti che si accumulano in punti particolari di mari e oceani si chiamano garbage patch. Le plastiche, in particolare, fluttuano anche per molti anni, aggregandosi e disgregandosi sotto la spinta di correnti e venti: possono fermarsi poco sotto la superficie, disporsi in base alla loro densità lungo un'intera colonna d'acqua sino al fondale, formare vere e proprie isole.
Foto: © Presse foto Trapholt
Il concetto di isole di plastica è stato introdotto per la prima volta nel 1988, in un documento della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Il primo avvistamento ufficiale è avvenuto nel 1996, ma il Great Pacific Garbage Patch (l'isola di plastica del Pacifico settentrionale) ha iniziato a formarsi intorno agli anni Cinquanta, con l'ingresso della plastica nella vita quotidiana.
L'espressione lacrime di sirena (mermaids tears) è un modo poetico usato per indicare i detriti che hanno raggiunto dimensioni inferiori a 5 millimetri a seguito della fotodegradazione delle materie plastiche. Questi frammenti, scambiati per plancton, vengono ingeriti ed entrano nella catena trofica, sino ad arrivare all'uomo.
Delle migliaia di tonnellate di plastica che arrivano ogni giorno fino al mare, l'80% è costituito da polietilene ad alta e bassa densità e da polipropilene: buste in plastica, bicchieri, bottiglie e involucri vari.
Solo il 20% dei rifiuti viene gettato direttamente in acqua. La maggior parte di ciò che si trova nei mari e negli oceani arriva invece dalla terraferma, trasportato da venti e piogge. Numerosi campionamenti effettuati in varie parti del pianeta suggeriscono che nei mari di tutto il mondo galleggino tra le 7.000 e le 35.000 tonnellate di plastica.
Il 99% della plastica che finisce in mare è apparentemente... sparito! I ricercatori hanno infatti verificato, nei campionamenti, la mancanza di frammenti con dimensioni comprese fra 0,5 e 5 millimetri: sono le dimensioni di ciò di cui si nutrono i pesci mesopelagici, come tonni, merluzzi e sgombri. La spiegazione più accreditata è che siano stati ingeriti dai pesci e siano così entrati nella catena trofica (alimentare).
Foto: © Algalita Marine Research and Education
Gli scienziati hanno calcolato che, fino ai 30 metri di profondità, per ogni particella di plancton ce ne sono 6 di plastica. Poiché il plancton è alla base della catena alimentare, gli scienziati denunciano che attualmente la maggior parte dei pesci ingerisce più plastica che nutrimento.
L'impatto economico dell'inquinamento del mare si attesta intorno ai 3 miliardi di dollari americani l'anno per la sola pulizia delle spiagge, senza contare le perdite derivanti dal mancato turismo e i danni associati all'industria ittica. Nel 2014, lo United Nations Environmental Programme ha stimato, a livello globale, circa 13 miliardi di dollari l'anno per danni all'ambiente.
Secondo i dati di Goletta Verde di Legambiente, che ogni anno monitora lo stato di salute dei mari italiani, al largo delle nostre coste si trova un rifiuto plastico ogni 10 minuti. Il mare più inquinato è l'Adriatico, con 27 rifiuti per kmq, seguito dal Tirreno con 26 rifiuti per kmq e dallo Ionio, con 7 rifiuti ogni kmq. Vedi anche: Mare Mostrum, il Mediterraneo di plastica.
Nella sede Onu di New York è in corso l'esposizione Garbage Patch State, ideata dall'italiana Maria Cristina Finucci. L'opera ricorda e denuncia l'esistenza di una nazione costruita negli ultimi 60 anni con oggetti appartenuti a ognuno di noi. Lo Stato Federale del Garbage Patch, è stato formalmente fondato l'11 aprile 2013 presso la sede Unesco di Parigi ed è la seconda nazione per estensione al mondo, dopo la Russia. Per saperne di più sull'inquinamento dei mari con la plastica
Foto: © Maria Cristina Finucci
Albert Einstein amava la vita, la fisica e odiava le regole. Osteggiato in patria e osannato nel mondo, vinse molte battaglie personali e scientifiche. A cento anni dal Nobel, il ritratto del più grande genio del Novecento che ha rivoluzionato le leggi del tempo e dello spazio. E ancora: la storia di Beppe Fenoglio, tra scrittura e Resistenza; l'impresa di Champollion, che 200 anni fa decodificò la stele di Rosetta e svelò i segreti degli antichi Egizi; contro il dolore, la fatica, la noia: le droghe naturali più usate nel corso dei secoli.
Il sonno è indispensabile per rigenerare corpo e mente. Ma perché le nostre notti sono sempre più disturbate? E a che cosa servono i sogni? La scienza risponde. E ancora: pregi e difetti della carne, alimento la cui produzione ha un grande impatto sul Pianeta; l'inquinamento e le controindicazioni dell’energia alternativa per gli aerei; perché ballare fa bene (anche) al cervello.
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